lunedì 27 aprile 2009

I fiori di Bucarest



Crina da bambina aveva un sogno: incontrare Ceauşescu. Lo vedeva ogni sera in tv. Gli scriveva poesie. Era felice di essere una 'pioniera', una piccola aderente al partito comunista. Un giorno arrivò l'occasione tanto attesa: il 'padre della patria' avrebbe inaugurato il Palazzo dell'Infanzia e scolaresche delle elementari di tutta Bucarest avrebbero dovuto donargli fiori davanti al nuovo edificio. Crina era emozionata, ad occhi aperti fantasticava di porgergli il suo mazzo e in cambio di ricevere un bacio.

“Ordinati nelle nostre divise, ci hanno portato al Palazzo dell'Infanzia alle 6 del mattino. Non ci hanno permesso di tenere niente in tasca, neanche i fazzoletti. Ci hanno perquisito perfino le mutande e la bocca. Faceva freddo, eravamo in piedi e non potevamo andare in bagno. È arrivato alle 2 e ci ha salutato appena, sventolando la mano dal finestrino dell'auto. Poi, scortato dalle sue guardie del corpo, è entrato dall'ingresso posteriore e ha tenuto il discorso dal balcone. Non si è preso i fiori. Che rabbia, che delusione. L'ho odiato. Quando son tornata a casa, ho chiamato disperata mia madre e le ho detto in lacrime che Ceauşescu era un idiota. Le conversazioni telefoniche a quel tempo erano spiate e mia madre, che lo sapeva bene, ha iniziato a dirmi allarmata: «hai la febbre alta, stai delirando, vai a letto!» e ha riattaccato. Ha lasciato il lavoro, mi ha raggiunto a casa e mi ha spiegato ─ i miei genitori non parlavano mai di politica davanti a me perché anche ai bambini veniva chiesto di far da delatori ─ che Ceauşescu era un dittatore. Però ha anche aggiunto che era lui al potere e che avremmo dovuto accettare e convivere col regime”. Era il 1985.

Il nome Crina viene da 'crin', giglio. In Romania è molto comune avere il nome di un fiore, tanto che la domenica prima di Pasqua è la loro festa, ‘florile’, sorta di onomastico collettivo di chi si chiama come un fiore. Gli si fa un regalo.

A Bucarest i fiori profumano ancora. In questi giorni di primavera caldi, assolati, quasi già afosi, che si alternano ad altri freddi e piovosi, il profumo degli alberi in fiore riempe alcune strade della capitale. Ricorda il miele.

É incredibile quanti fiorai ci siano a Bucarest, e sui mezzi pubblici praticamente ogni giorno vedi qualcuno con un mazzo di fiori in mano. Ad ogni angolo una bancarella o la bottega di un fioraio, al mercato i banchi di fiori non si contano. E all'uscita della metro bambini e anziane signore dai capelli raccolti in un fazzoletto, ed è da loro che di solito li compro, che vendono dei mazzi semplici e graziosi.

Per strada trovi sprattutto rose, narcisi, margherite e garofani. Nei giardini pubblici, sui prati ben curati, tanti tulipani, che qui hanno un nome simpatico, 'lalele'.

Spesso mi chiedo come mai a Bucarest i fiori conservino intatto quel profumo che in Italia sembrano aver smarrito. Mi hanno spiegato che potrebbe dipendere dal fatto che gli ambulanti improvvisati, donne e bambini, vendono fiori coltivati in giardini privati o su pezzetti di terra alle porte della capitale. Ma io preferisco pensare all'immagine esotica della Romania porta d'oriente d'Europa, luogo di frontiera, terra vergine e dalle mille potenzialità inesplorate, dove i fiori profumano ancora.

Nessun commento:

Posta un commento