lunedì 15 giugno 2009

Lume Lume, Soro Lume

Di bambini di strada ce n'erano anche durante il regime di Ceauşescu, solo che allora non si vedevano perché uscivano solo di notte, altrimenti la polizia li avrebbe arrestati”. A parlare è Sorina Frătiţă, psicologa, che ha lavorato dal 2001 al 2008 con la Fondazione Parada, la ong fondata nel 1996 a Bucarest dal clown franco-algerino Miloud Oukili e diventata famosa grazie a un film di Marco Pontecorvo uscito lo scorso autunno. Insegnado l'arte circense ai 'vagabondi' di Bucarest, la fondazione è riuscita a strappare via alla strada centinaia di bambini e ragazzi.

Spuntano dal nulla, spesso hanno in mano una busta di plastica che portano alla bocca di frequente per sniffare una sostanza dall'odore penetrante e che dà immediatamente alla testa, l'Aurolac (da cui anche il nome con cui di solito vengono chiamati, 'aurolaci'). É una vernice economica, ne versano un po' nella busta e la sniffano per scordarsi per un istante dei morsi della fame e del freddo.

L'invisibilità è nella natura della vita che condocuno, ma il fenomeno è meno diffuso di quanto crediamo in occidente. Una stima pubblicata quanche giorno fa da una ong parla di 1270 bambini attualmente dimoranti nelle strade della capitale, “ma nel passato, dopo la rivoluzione e fino ai primi anni di questo decennio, sono stati anche 5000”, afferma la Frătiţă. Che precisa: “vengono chiamati bambini di strada, ma tra di loro ci sono anche bambini fuggiti di casa che nel frattempo sono diventati adulti e hanno fatto figli”.

Il percorso che li ha portati in strada è simile ma non identico. Comun denominatore sono povertà e violenza, famiglie numerose che, continua la psicologa, “hanno perso la casa per debiti. Tanti vengono dalla campagna e soprattutto dalla Moldavia”, una delle zone più povere del paese. Come Mihai, che ha 20 anni e dopo un'infanzia per strada è stato preso in cura da istituti cattolici e ora studia architettura. Mi ha raccontato delle violenze subite a casa dal padre, motivo principale che lo ha spinto a cercare rifugio in strada. “Altri sono fuggiti dagli orfanotrofi, dove subivano violenza dai ragazzi più grandi. A Bucarest vivono in gruppi, ognuno con un territorio ben definito”, aggiunge la Frătiţă.

Comunemente vengono associati alle fogne, ma non vivono propriamente nelle fogne ma nei canali sotterranei che, attraverso enormi tubi, portano l'acqua calda negli appartamenti della capitale. Labirinto sotterraneo costruito durante gli anni della dittatura comunista e che ora costituisce una dimora calda durante i gelidi inverni rumeni. D'estate invece stanno all'aperto nei parchi, da qui anche l'appellativo di 'boskettari', anche se il termine nell'immaginario collettivo degli abitanti di Bucarest è legato a pratiche di prostituzione, che poi è uno degli espedienti con cui i bambini di strada si procurano il denaro. “Alin è poco più che un bambino e ha contratto il virus dell'HIV da un rapporto sessuale con un turista del sesso straniero”, mi racconta la Frătiţă. E conclude: “Non tutti vivono per strada. Una parte vive coi genitori, che di giorno li spingono a elemosinare o a lavare i parabrezza agli incroci. Il governo e il comune non fanno quasi nulla, passano un sussidio mensile alle famiglie che è ben poca cosa. Le uniche attive e concrete in questo campo sono le ong”.


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