domenica 19 luglio 2009
Cartoline dalla Romania
Gli ultimi giorni sono per i saluti, le valigie e le cartoline. Ho tre istantanee che vorrei spedire in Italia, immagini che ricordino che la Terra è una e gira e, nel suo vagare, alternativamente lascia a testa in giù una porzione di mondo.
Oltenia, Romania sud-occidentale, regione di terme e monasteri. In queste terre, tra la fine dell'800 e i primi decenni del '900, gli italiani emigravano per lavorare nell'edilizia, nelle miniere, come taglialegna o contadini. Un censimento parla di circa 10.000 italiani presenti in Romania alla fine degli anni '20, anni impareggiabili per l'economia e la cultura rumena. Era l'epoca in cui Bucarest era la 'piccola Parigi' mentre gli italiani lasciavano miserie e affetti con una valigia colma di speranze. Originari soprattutto del Triveneto, gli immigrati italiani hanno trovato nella terra dei Carpazi un'accoglienza generosa. Tanti sono rimasti nonostante la successiva presa del potere da parte dei comunisti e le difficoltà che ne sono derivate, con la diffidenza e i controlli che circondavano chiunque avesse rapporti con l'estero, non importa se fossero amici e parenti. Oggi la comunità italiana, come tutte le minoranze etniche del Paese, ha un proprio rappresentante in parlamento.
All'angolo di Piazza Universitate c'è uno dei più bei edifici di Bucarest: l'ospedale Colţea, il più vecchio della capitale, costruito nel 1704 per assistere i poveri. La bellezza dell'edificio neoclassico, della cupola e dei bassorilievi non sono l'unico motivo che mi hanno spinto a scegliere questa seconda cartolina rumena. C'è dell'altro: il sistema sanitario a queste latitudini è apparentemente universale ma, se lo si osserva con un po' più di attenzione, si nota come in realtà la corruzione rappresenti una vera e propria istituzione nell'ambito ospedaliero. Durante gli anni del regime era abitudine portare al dottore un paccheto di Kent; oggi si paga in contanti chiusi in una busta da lettere, pena il completo disinteresse verso il malato (in gennaio Mihai Constantinescu, 63 anni, è morto abbandonato nella sala d'attesa di un ospedale della Romania meridionale perchè, come ha dichiarato un'infermiera in un'intervista, “non poteva permettersi la bustarella”). La sanità è solo uno degli esempi, forse il più clamoroso, della dilagante corruzione rumena che crea un doppio status di cittadinanza. Quello stesso doppio status che divide gli italiani in chi ha accesso alle stanze del potere e chi no; solco che determina, una tra le tante, chi può diventare un imprenditore 'di successo' e chi no. Ultim'ora: il Ministro della Gioventù e dello Sport, Monica Ridzi, si è appena dimessa per essere stata accusata, un mese fa, di cattiva gestione e distrazione di fondi pubblici. Meglio la Romania.
L'ultima cartolina è da una località che ho visitato un mese e mezzo fa. Sono le ex mine di salgemma di Slănic-Prahova, in Muntenia, non lontano da Bucarest. Mine sotterranee trasformate in attrazione turistica e luogo di cura per chi soffre di problemi alle vie respiratorie. Ambienti enormi incastrati nelle viscere della Terra, la cui bellezza magica trascina, dopo la discesa in ascensore, in una dimensione infantile di gioco e serenità dove le differenze di nazionalità lingua e cultura svaniscono, accolte da un unico grande ventre.
lunedì 13 luglio 2009
Avviso ai ritardatari: last minute Romania
Raggiungere la capitale rumena è semplice: ci sono voli low cost da Bari, Napoli o Roma. Per il pernottamento, ce n'è per tutte le tasche. Dai suntuosi hotel di lusso del centro (tra cui l'Intercontinental, luogo storico della capitale dove sotto Ceauşescu funzionava un fiorente mercato nero gestito dai servizi segreti) agli alberghi più economici dove, con 20-30 euro a notte, si può trovare un ambiente pulito e confortevole. Per i giovani, consiglio di affidarsi a couchsurfing.com, comunità virtuale di persone che scambiano gratuitamente ospitalità e che anche a Bucarest è molto nutrita.
Per i pasti, la scelta è praticamente illimitata. Ristoranti ad ogni angolo di strada, di qualità medio alta e prezzi bassi. Una tappa obbligata è il Caru cu Bere. Le sue atmosfere e decorazioni inizi Novecento, la birra prodotta artigianalmente, l'ottimo cibo tradizionale – piatti a base di carne, minestre e dolci squisiti - trasformano l'esperienza in un cortocircuito temporale che ti catapulta nella 'Parigi dell'est' degli anni '20 e '30. Il ristorante si trova in una delle zone più belle e antiche di Bucarest, il quartiere Lipscani, un tempo centro dei commerci, oggi condensato bohemienne di club e bar all'aperto. A poca distanza, a due passi dall'università, sul tetto del Teatro Nazionale, è ospitato uno dei più famosi locali della città: la Motoare. Incorniciato dal terso cielo estivo, da murales e da sguardi che si affannano in conversazioni senza fine, la Motoare è il luogo perfetto per assaporare aspirazioni e frustrazioni degli studenti di Bucarest.
Una passeggiata da Piazza Unirii fino al Parlamento, la mastodintica costruzione ideata da Ceauşescu, ripercorrendo quello che un tempo si chiamava Viale della Vittoria del Socialismo, sicuramente farà sparire le ultime tracce di nostalgia anche nei più ortodossi sostenitori di Marx&Co. Una visita all'interno dell'edificio è un'opzione, ma la costruzione ospita anche il Museo di Arte Contemporanea, sede di mostre innovative, che preferisco alla più classica gita all'interno del palazzo.
Gli abitanti di Bucarest amano trascorrere il fine settimana nei parchi: tra i più belli Cişmigiu, costruito nel 1847, il più antico della capitale, e Herăstrău, all'interno del quale si trova il Museo del Villaggio, ricostruzione delle abitazioni, degli usi e costumi della Romania rurale. Il museo è sede, con cadenza più o meno mensile, di una fiera dell'artigianato, dove si possono acquistare tra l'altro icone e altri oggetti isprati alla tradizione ortodossa. E a proposito, la città è ricca di edifici di culto. Di particolare fascino la Chiesa della Vecchia Corte Principesca e la piccola Elefterie Mic, situata in uno dei quartieri più belli della città, Cotroceni, che si sviluppa attorno all'attuale dimora del presidente della repubblica.
Appena 3-4 ore di treno e si arriva nella terra di Dracula, la Transilvania. Lì, tra monti e boschi incontaminati, si potranno visitare alcune graziose città medioevali, tra cui Braşov, Sighişoara, Sinaia e Sibiu (capitale europea della cultura nel 2007), oltre ovviamente al castello di Bran, il cui nome è indissolubilmente legato a quello del vampiro più famoso del mondo. Dormendo in uno dei tanti agriturismi, girando tra fortezze e centri storici, si potranno facilmente incontrare turisti italiani, visto che la Transilvania è una delle tappe consuete per i connazionali che si spigono al di là dei Balcani. Dunque affrettatevi, la Romania vi aspetta.
domenica 5 luglio 2009
Il nuovo cinema rumeno tanto amato a Cannes
Ricorda Umberto D. Dante Remus Lazarescu, 63 anni, protagonista di “La morte del signor Lazarescu”, film del 2005 di Cristi Puiu che fotografa l'odissea di un uomo anziano e solo da un ospedale all'altro nella piovosa notte di Bucarest. C'è chi ha paragonato il nuovo cinema rumeno al neorealismo italiano: i tratti in comune sono tanti, innanzitutto il contesto da cui nasce, la libertà ritrovata e la 'ricostruzione' dopo i bui anni di regime. Ecco cosa dice a proposito Porumboiu, in un'intervista rilasciata lo scorso aprile alla rivista “Osservatorio sui Balcani”: “Non si tratta di una nuova onda, almeno non in termini programmatici. Non abbiamo nessun dogma comune. Al tempo stesso vedo che condividiamo uno stesso gusto cinematografico. Facciamo un tipo di cinema che proviene dalla vita reale, con personaggi che solitamente non vengono trattati, film che parlano della Romania di oggi... Soprattutto direi che cerchiamo di non mistificare, diversamente da quanto avveniva prima della rivoluzione”.
E la Romania di oggi è ovviamente anche immigrazione e voglia di fuggire. “Le ragazze italiane” di Napoleon Helmis (2004) è la storia di due sorelle che lasciano il loro villaggio per andare in Spagna, dove da illegali raccolgono fragole. Al loro ritorno, fingeranno di essere state in Italia. Sulla stessa lunghezza d'onda “Occident”, primo lungometraggio dell'ormai celebre Cristian Mungiu, premiato con la Palma d'Oro 2007 per “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni”, film che ha avuto un notevole successo anche in Italia e costato meno di 600.000 euro. Quello di Mungiu non è un caso isolato, il cinema rumeno fa di necessità virtù e trasforma gli stretti vincoli di bilancio nei punti di forza di una cinematografia senza effetti speciali, un linguaggio diretto, trame semplici e intrecci fantasiosi, storie piene di tenerezza e amarezza, caratteristiche queste che la pongono, accanto a quella iraniana e sudcoreana, tra i fenomeni più originali e innovativi degli ultimi anni.
È un cinema attuale che si interroga sul passato e cerca di gettar luce sui momenti bui della dittatura comunista. Lontane dalla storia con la 's' maiuscola, le nuove pellicole rumene cercano invece vicende di periferia e provincia, vite sommerse e dimenticate. Come “I racconti dell'età dell'oro” (2009), film collettivo, cinque episodi e altrettanti registi, uno dei quali è proprio Mungiu, che riesuma leggende urbane degli ultimi anni dell''età dell'oro' di Ceuşeascu con comicità e surrealismo.
I registi della 'nouvelle vague' rumena fin qui citati hanno tutti 30-40 anni, sono la generazione del baby-boom, quella nata dopo la proibizione dell'aborto del 1966 (tema da cui prende spunto ”4 mesi 3 settimane 2 giorni”), autori usciti quasi tutti dall'Accademia di Arte Teatrale e Cinematografica di Bucarest che hanno esordito appena ventenni. Da ricordare ancora: Cătălin Mitulescu, Ruxandra Zenide, Peter Călin Netzer, Tudor Giurgiu, Radu Munteanu e Cristian Nemescu, che ha diretto “California Dreamin'” (2007), morto appena ventisettenne in un incidente d'auto senza portare a termine l'opera, dalle atmosfere gitane à la Kusturica, ambientata in un piccolo villaggio rumeno durante la guerra in Kosovo. Opera ovviamente premiata a Cannes.
martedì 30 giugno 2009
Dacia 1300: My Generation. Intervista a Ştefan Constantinescu
Sono nato nel '68 come la Dacia (le auto prodotte in Romania durante il comunismo, ndr). Quella della Dacia è la storia della gente che viveva nel mio palazzo. É il simbolo del progresso e della libertà: si è costruita per 37 anni e ogni anno usciva un nuovo modello praticamente identico al precedente. Mi sembra una metafora efficace per la società che non cambia, anche se la gente prova sempre un nuovo modello.
Ştefan Constantinescu, artista rumeno che vive tra Stoccolma e Bucarest, è stato scelto per rappresentare la Romania alla Biennale di Venezia. Due le opere esposte in laguna fino al 22 novembre: i video 'Troleibuzul 92' e 'Passagen'. Lo incontriamo in uno dei caffè storici della capitale rumena, il Caru cu Bere, dove ci mostra uno dei suoi ultimi lavori, 'The Golden Age for children', un libro pop-up che ripercorre attraverso foto, didascalie e curiosità l'epoca di Ceausescu, che “i membri del partito chiamavano l'età dell'oro”.
Si sofferma sull'immagine di un edificio in frantumi e ci racconta un aneddoto:
Quella del terremoto di Bucarest è una storia tragi-comica. In questo palazzo, a pian terreno, c'era un negozio di Dacia. Per far posto a un'automobile, avevano rimosso una colonna portante. Quando c'è stato il terremoto, nel 1977, il palazzo è crollato e son morte 1578 persone.
Hai partecipato alla rivoluzione del 1989?
Durante la rivoluzione stavo lavorando per il governo in uno studio grafico per la propaganda. Era l'unico modo di lavorare con l'arte. La notte del 20 dicembre mi chiamarono per costruire due cartelloni. Nel primo perioso sono stato più attivo e mi è sembrato uno dei più bei momenti della mia vita, ma poi, pensando che è stata tutta una manipolazione...
Nel tuo libro confluiscono ricordi personali e ricostruzioni storiche. Ci spieghi questa scelta stilistica?
Penso che il ruolo dell'artista sia di raccontare le storie che conosce. Non invento nulla, la realtà dà già tanto di per sé. E quando parli della tua storia personale, i racconti non sono solo tuoi, ma di tutti quelli della tua generazione.
Perchè sei emigrato in Svezia?
Mio padre viveva in Svezia dall'88, mia madre e mio fratello dal '90. Volevo restare in Romania, ma dopo tre anni di università ho capito che non avrei avuto nessuna possibilità qui come artista, bevendo vodka e sempre e solo parlando di politica nei caffè. É in Svezia che ho imparato a girare film e video.
Che ne pensi dell'intolleranza verso i rumeni in Italia?
Non conosco bene l'argomento, ma comunque sull'immigrato, sullo straniero, sull'altro vengono scaricate sempre le colpe. Non solo in Italia. Sono uno straniero io stesso. Il ministero della cultura rumena non voleva che portassi a Venezia il mio video Troleibuzul 92 perché ritrae un uomo che sull'autobus parla al telefono con la sua ragazza, e le dice puttana, tra 20 minuti sono lì e ti ammazzo, dimmi con chi stavi parlando, dimmelo (inizialmente nel video il telefono della ragazza è occupato, ndr). La chiama 4 volte. E' un atto ossessivo, duro e meccanico. Non volevano che lo portassi a Venezia perchè la reputazione dei rumeni in Italia non è buona e stanno investendo tanto denaro per cambiarla. Ma in realtà è una situazione che sarebbe potuta accadere dappertutto. Sulla donna vengono scaricate le colpe come sull'immigrato, anche in Svezia dove metà del Parlamento è composto di donne.
Progetti per il futuro?
Un altro libro pop-up e un'opera composta di 7 cortometraggi che ruotano attorno a altrettante coppie. Probabilmente si chiamerà '7 passi verso il paradiso'.
domenica 28 giugno 2009
Bucarest vista dallo spazio
L'immagine viene direttamente da:
http://www.eosnap.com/public/media/2009/05/romania/20090508-romania-full.jpg
P.S.. Bucarest è l'agglomerato circolare di puntini che si vede al centro-destra dell'immagine.
lunedì 22 giugno 2009
The answer is blowing in the wind
Se finora la Romania ha rappresentato l'Eldorado per le piccole e medie imprese italiane del settore tessile, calzaturiero e meccanico, o per i grandi gruppi bancari della penisola, UniCredit e Sanpaolo su tutti, nel futuro il Paese potrebbe diventare un'importante opportunità di investimento per gli imprenditori attivi nel settore delle energie rinnovabili. Dopo anni di crescita economica tra le più alte in Europa, anche la Romania sta risentendo della crisi, e l'interscambio con l'Italia non cresce più come una volta, anzi “da febbraio gli investimenti italiani sono fermi”, affermano all'Istituto del Commercio Estero (ICE) di Bucarest. Ciononostante la Romania presenta nel campo dell'energia verde un potenziale ancora inesplorato. Di una certa consistenza è solo la produzione di energia idroelettrica. In questo settore si distingue l'azienda padovana Espe, che dal 2004 gestisce una serie di impianti nel distretto di Maramureş, nel nord del Paese (l'azienda è molto attiva anche in Puglia, ha da poco inaugurato un parco solare da 4,5 MW in Salento e ha una sede a Molfetta).
La Romania, come gli altri Paesi comunitari, dovrà adeguarsi alle normative europee sulla salvaguardia dell'ambiente - la famosa politica del 'venti per cento' - e si trova a fare i conti con il bisogno di diminuire lo scarto che la separa dagli altri membri UE. Il governo sta cercando di correre ai ripari. “Secondo me al momento la Romania ha la miglior legislazione d'Europa riguardante le rinnovabili. [...] Fino al 2015 c'è un doppio 'certificato verde', così se costruisci oggi, potrai praticamente operare con un doppio incentivo fino al 2015”, ha affermato Rod Christie, Presidente di General Electric Energia per l'Europa dell'Est e la Russia, in un'intervista al magazine on-line EurActive.com. Alcune grandi aziende italiane hanno fiutato l'affare, pianificando ingenti investimenti. In prima fila l'Enel, già uno dei principali distributori di energia elettrica del Paese con una quota di mercato del 30%, che progetta di investire nelle rinnovabili 7 miliardi di euro fino al 2012. Hanno iniziato a muoversi anche Sorgenia, azienda del gruppo De Benedetti, ed Edison. Entrambe hanno pronti piani di investimento nel campo dell'eolico, che, secondo gli analisti, insieme alle biomasse è il settore in cui la Romania ha le maggiori possibilità di crescita, anche se l'European Wind Energy Association lamenta i troppi ostacoli amministrativi e tecnici per l'allaccio alla rete.
Un'altra opportunità estremamente interessante è rappresentata dai fondi strutturali europei che faranno affluire verso la Romania, nel periodo 2007-2013, un po' meno di 30 miliardi di euro, di cui circa 637 milioni destinati al settore ambiente, efficienza energetica e rinnovabili. La sede ICE di Bucarest ha preparato un desk informativo sull'argomento, e alcune aziende di consulenza italiane sono già all'opera: lo Studio Gianfelice, ad esempio, che ha sedi a Timisoara e Bucarest, mete preferite dagli imprenditori nostrani. Due sono i canali attraverso cui le aziende italiane potranno usufruire dei finanziamenti europei: partecipando direttamente ai bandi o attraverso le gare d'appalto indette dalle aziende vincitrici. Sapranno le nostre imprese raccogliere la sfida?
La foto è presa da:
http://farm2.static.flickr.com/1027/819607012_132fa6dc42.jpg
domenica 21 giugno 2009
Una storia di ordinaria omofobia al parco Cismigiu
sabato 20 giugno 2009
Viceversa: due rumene stuprate nei giorni scorsi in Italia
Ecco la fonte, LaRepubblica:
http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/cronaca/lodi-violentata/lodi-violentata/lodi-violentata.html
http://milano.repubblica.it/dettaglio/milano-finanzieri-stuprano-prostituta-e-poi-fuggono-con-lauto-di-servizio/1653192
lunedì 15 giugno 2009
Lume Lume, Soro Lume
“Di bambini di strada ce n'erano anche durante il regime di Ceauşescu, solo che allora non si vedevano perché uscivano solo di notte, altrimenti la polizia li avrebbe arrestati”. A parlare è Sorina Frătiţă, psicologa, che ha lavorato dal 2001 al 2008 con la Fondazione Parada, la ong fondata nel 1996 a Bucarest dal clown franco-algerino Miloud Oukili e diventata famosa grazie a un film di Marco Pontecorvo uscito lo scorso autunno. Insegnado l'arte circense ai 'vagabondi' di Bucarest, la fondazione è riuscita a strappare via alla strada centinaia di bambini e ragazzi.
Spuntano dal nulla, spesso hanno in mano una busta di plastica che portano alla bocca di frequente per sniffare una sostanza dall'odore penetrante e che dà immediatamente alla testa, l'Aurolac (da cui anche il nome con cui di solito vengono chiamati, 'aurolaci'). É una vernice economica, ne versano un po' nella busta e la sniffano per scordarsi per un istante dei morsi della fame e del freddo.
L'invisibilità è nella natura della vita che condocuno, ma il fenomeno è meno diffuso di quanto crediamo in occidente. Una stima pubblicata quanche giorno fa da una ong parla di 1270 bambini attualmente dimoranti nelle strade della capitale, “ma nel passato, dopo la rivoluzione e fino ai primi anni di questo decennio, sono stati anche 5000”, afferma la Frătiţă. Che precisa: “vengono chiamati bambini di strada, ma tra di loro ci sono anche bambini fuggiti di casa che nel frattempo sono diventati adulti e hanno fatto figli”.
Il percorso che li ha portati in strada è simile ma non identico. Comun denominatore sono povertà e violenza, famiglie numerose che, continua la psicologa, “hanno perso la casa per debiti. Tanti vengono dalla campagna e soprattutto dalla Moldavia”, una delle zone più povere del paese. Come Mihai, che ha 20 anni e dopo un'infanzia per strada è stato preso in cura da istituti cattolici e ora studia architettura. Mi ha raccontato delle violenze subite a casa dal padre, motivo principale che lo ha spinto a cercare rifugio in strada. “Altri sono fuggiti dagli orfanotrofi, dove subivano violenza dai ragazzi più grandi. A Bucarest vivono in gruppi, ognuno con un territorio ben definito”, aggiunge la Frătiţă.
Comunemente vengono associati alle fogne, ma non vivono propriamente nelle fogne ma nei canali sotterranei che, attraverso enormi tubi, portano l'acqua calda negli appartamenti della capitale. Labirinto sotterraneo costruito durante gli anni della dittatura comunista e che ora costituisce una dimora calda durante i gelidi inverni rumeni. D'estate invece stanno all'aperto nei parchi, da qui anche l'appellativo di 'boskettari', anche se il termine nell'immaginario collettivo degli abitanti di Bucarest è legato a pratiche di prostituzione, che poi è uno degli espedienti con cui i bambini di strada si procurano il denaro. “Alin è poco più che un bambino e ha contratto il virus dell'HIV da un rapporto sessuale con un turista del sesso straniero”, mi racconta la Frătiţă. E conclude: “Non tutti vivono per strada. Una parte vive coi genitori, che di giorno li spingono a elemosinare o a lavare i parabrezza agli incroci. Il governo e il comune non fanno quasi nulla, passano un sussidio mensile alle famiglie che è ben poca cosa. Le uniche attive e concrete in questo campo sono le ong”.
domenica 14 giugno 2009
Journey to the Center of the Earth: the Unirea Mines of Slanic-Prahova
Saturday, the 13th of June, I've been with the children and the volunteers of Salvati Copiii to one of the most amazing places I've ever been: The Mine Unirea of Slanic-Prahova. 200-250 meters in the hearth of the Earth, where miners extracted salt for about 30 years (1938-1970), before the site was transformed in a touristic attraction.
Beeing 200 meters above the ground, in a cave with a ceiling at least 100 meters high, brings you back to some kind of pre-natal age. The silence, the echos of the joyful screams of the babies, the darkness, the closeness to the hearth of the Mother Earth and the huge walls that seem protecting you from the external dangerous world, make you regress to some kind of peacefull collective childhood. The Unirea Salt Mines are a sort of universal playground. It's not a case if there are playgrounds for children, football and tennis playgrounds and some other amuzement-park-like attractions.
I tried to imagine how Romanian tourists could feel in the 70's and 80's at Slanic-Prahova, when the country was under the control of the Securitate and the fear imprisoned people in a cage of terror. There, in that surreal atmosphere, every whispered word, amplified and distorted by the echo, could turn into a scream of pain and revolt.
domenica 7 giugno 2009
Diario delle europee
Mercoledì 3 giugno. Ho voluto mettere alla prova le conoscenze storiche dei volontari (tutti studenti) di Save the Children a cui faccio un corso di italiano. É il ventennale della repressione delle manifestazioni di Piazza Tienanmen e inizio la lezione mostrando la famosa foto del ragazzo con le buste della spesa in mano che ferma da solo una fila di tank. Nessuno dei 13 presenti ha la minima idea di cosa stia parlando.
Giovedì 4 giugno. Un editoriale del quotidiano Adevărul, “Democrazia significa votare”, termina lanciando un monito: “Chi può garantire che la nuova era democratica sia eterna?” Inizio a chiedere alle mie colleghe se si recheranno o no alle urne. Su 7 solo due sono indecise, le altre sono sicure che non ci andranno. La più eloquente giustifica la sua scelta scrivendo sulla mia agendina una serie di aggettivi dedicati ai politici rumeni. Traduco letteralmente: “scrocconi, marioli, criminali, miserabili, corrotti, mafiosi e puttanieri”. Per sondare le cause della disillusione dei rumeni (che non penso sia limitata ai pochi che conosco) verso la politica, mando a 27 amici e conoscenti, di età compresa tra i 18 e i 35 anni e con un'ottima istruzione, un'email con le seguenti domande: “Voterai? Se non, perché? Qual è il problema più urgente in Romania? Pensi che i politici lo stiano risolvendo? Hai fiducia nella democrazia rumena? E nella UE? Ti aspettavi di più dall'integrazione europea? Vuoi ancora cambiare il mondo? In caso affermativo, come pensi di farlo se non andrai a votare?”
Venerdì 5 giugno. Leggo Evenimentul Zilei. In prima pagina, la notizia che una strana organizzazione sta raccolgiendo voti dagli studenti per conto del Partito SocialDemocratico/ex comunista, pagandoli la miseria di 30 lei (poco più di 7 euro, meglio in Bulgaria, dove almeno te ne danno 20-25. In Italia? Per la penisola abbiamo a disposizione solo una stima: a Napoli, per le politiche del 2001, la sezione di un grande partito politico distribuiva pasta e olio). Come prova, la solita foto fatta al telefonino con la scheda elettorale 'regolarmente' compilata. Nell'aperta e inclusiva Olanda l'estrema destra ottiene un successo 'inaspettato', cavalcando guardacaso lo spettro dell'immigrazione. Intanto a sera ho ricevuto solo 4 risposte, più una raccolta verbalmente nel pomeriggio. Ogni tanto mi pare che in Romania, quando fai una domanda che riguardi la politica, tutti si spaventino ancora come al tempo della famigerata Securitate.
Sabato 6 giugno. Non ricevo altre risposte, il mini sondaggio è stato un flop. Non scoraggiamoci, almeno quel che i 5 mi han detto è interessante: i miei amici sono europeisti, ma si aspettavano che gli europei fossero più “amichevoli“ con i rumeni e che non li trattassero come cittadini “di seconda categoria”. La sfiducia nel sistema politico domestico è maggiore di quella nelle istituzioni continentali. Tra i mali gravi del paese, che poi sono anche le cause del clima di sfiducia, figurano corruzione e conflitto di interessi. Scrive Dana in un ottimo italiano: “Ce ne sono cosi’ tanti... [di problemi] Il livello basso di sostenamento; la qualità della vita; le differenze grandissime fra le classi sociali; la certezza universale che non importa che cosa sai, ma chi conosci, che tutto si può comprare con i soldi e, specialmente, con una buona relazione”. Riflessione a margine: il malgoverno, fa il gioco dei governanti, che usano il disgusto per allontanare i cittadini dalla politica e diventare sempre più una casta. Tornando a casa, leggo sull'autobus che votare più volte è punito col carcere. Mi chiedo, come è possibile votare più volte?
Domenica 7 giugno. Svelato l'arcano, in Romania tutto è possibile. Ecco come: la legge elettorale per le europee consente di votare anche fuori del seggio di apparteneza. Le tv non parlano altro che di 'vacanze elettorali', minibus che trasportano in seggi di città diverse persone che, in cambio di denaro, voteranno doppio. La polizia si è premunita e ha preparato posti di blocco in tutto il paese. A urne chiuse, le percentuali di voto parlano di un rumeno su quettro che si è recato alle urne. Non so se nel calcolo siano state considerate o meno le 'vacanze elettorali'. Ricevo un'altra email, 6 risposte su 27. Per la cronaca, i primi dati affermano che i due partiti di governo, il PDL del presidente Basescu e il PSD, hanno ottenuto una percentuale quasi identica di poco superiore al 30%. Sembra non interessare quasi a nessuno.
venerdì 5 giugno 2009
Memory of a free festival: B-FIT in the street
giovedì 4 giugno 2009
The state of democracy in Romania and the European elections
No one knew. I'm afraid that in a while no one will remember Ceausescu anymore, or will regret his era. Like in Italy with Mussolini.
Second source of inspiration: the past days I asked to 7 Romanian collegues (women aged 30-55) whether they were going to vote or not for the European Parliament. Only 2 of them were undecided, the others were sure that they were not going to vote.
So today I invented a small questionnaire and I sent it to 23 young Romanian friends.
I asked them:
1) are you going to vote on Sunday for the European Parliament?
2) If not, why?
3) In your opinion, what is the most urgent problem in Romania? Are the politicians doind anything for that?
4) What is your degree of trust in the Romanian democracy? (High, medium, low)
5) What is your degree of trust in the EU? The same, high, medium, low
6) Did you expect more from the European integration?
7) Do you still want to change the world? If you're not going to vote, how do you think you'll be able to transform the reality around you?
I'm waiting for the results. I think some of them will not answer cause here people don't talk easily about these kink of subjects. Ceausescu's heritage.
I'm worried about the state of democracy in Italy, and I see that here things are not so different, and as well in the civilized Holland, where the extreme right will have an "unexpected" success at these European elections. I'm worried that the crises could lead Europe back in the past, in Italy that's already happening.
An editorial of Adevarul published today, "Democratia inseamna vot" (democracy means vote), says: "Cine ne poate garanta ca noua era democratica este eterna?"
I Tarantolati di Tricarico in concerto a Bucarest
Bello, mi è sembrato di stare a Carpino o a una tammorriata. Abbiam ballato in un'atmosfera surreale, in una piazza mezza vuota, dove ha preso vita vent'anni fa la presunta rivoluzione rumena, tarantelle e pizziche. E ho conosciuto giovani italiani simpatici, interessanti e brillanti: una traduttrice che insegna in una scuola privata, un suo collega di Pavia e una dottoranda che è qui per ricerca.
Mi guardavo in giro per capire chi sono i miei connazionali a Bucarest. La conversazione si è però spostata sull'argomento in modo naturale. Che storie di merda ho sentito, uomini che pretendono di pagare traduttrici due soldi, e di volersele anche scopare. Feste in privè con mignotte della borghesia italiana di Bucarest. Italiani che vanno nei paesini per comprare sesso a due soldi e poi vantarsene in internet. Signor nessuno/frustrati/senza 'na lira in Italia e qui, arrivati ad accumulare piccole fortune non si sa come, si credono i re del mondo. Del resto, con un Presidente del Consiglio che dà un simile esempio...
"C'è un Italia migliore", direbbe Nichi vendola, come i miei interlocutori di stasera. Per fortuna.
martedì 2 giugno 2009
"Avem timp" de Octavian Paler
Sa dormim, sa alergam in dreapta si-n stanga,
sa regretam c-am gresit si sa gresim din nou,
sa-i judecam pe altii si sa ne absolvim pe noi insine,
avem timp sa citim si sa scriem,
sa corectam ce-am scris, sa regretam ce-am scris,
avem timp sa facem proiecte si sa nu le respectam,
avem timp sa ne facem iluzii si sa rascolim prin cenusa lor mai tarziu.
Avem timp pentru ambitii si boli,
sa invinovatim destinul si amanuntele,
avem timp sa privim norii, reclamele sau un accident oarecare, avem
timp sa ne-alungam intrebarile, sa amanam raspunsurile, avem timp sa
sfaramam un vis si sa-l reinventam, avem timp sa ne facem prieteni, sa-i
pierdem, avem timp sa primim lectii si sa le uitam dupa-aceea, avem timp
sa primim daruri si sa nu le-ntelegem. Avem timp pentru toate.
Nu e timp doar pentru putina tandrete.
Cand sa facem si asta, murim.
Am invatat unele lucruri in viata pe care vi le impartasesc si voua !!
Am invatat ca nu poti face pe cineva sa te iubeasca. Tot ce poti face
este sa fii o persoana iubita. Restul ... depinde de ceilalti. Am
invatat ca oricat mi-ar pasa mie Altora s-ar putea sa nu le pese. Am
invatat ca dureaza ani sa castigi incredere si ca doar in cateva secunde
poti sa o pierzi. Am invatat ca nu conteaza CE ai in viata Ci PE CINE
ai. Am invatat ca te descurci si ti-e de folos farmecul cca 15 minute
Dupa aceea, insa, ar fi bine sa stii ceva. Am invatat ca nu trebuie sa
te compari cu ceea ce pot altii mai bine sa faca Ci cu ceea ce poti tu
sa faci Am invatat ca nu conteaza ce li se intampla oamenilor Ci
conteaza ceea ce pot eu sa fac pentru a rezolva
Am invatat ca oricum ai taia
Orice lucru are doua fete
Am invatat ca trebuie sa te desparti de cei dragi cu cuvinte calde S-ar
putea sa fie ultima oara cand ii vezi
Am invatat ca poti continua inca mult timp
Dupa ce ai spus ca nu mai poti
Am invatat ca eroi sunt cei care fac ce trebuie, cand trebuie
Indiferent de consecinte
Am invatat ca sunt oameni care te iubesc
Dar nu stiu s-o arate
Am invatat ca atunci cand sunt suparat am DREPTUL sa fiu suparat Dar nu
am dreptul sa fiu si rau
Am invatat ca prietenia adevarata continua sa existe chiar si la
distanta Iar asta este valabil si pentru iubirea adevarata Am invatat
ca, daca cineva nu te iubeste cum ai vrea tu Nu inseamna ca nu te
iubeste din tot sufletul. Am invatat ca indiferent cat de bun iti este
un prieten Oricum te va rani din cand in cand Iar tu trebuie sa-l ierti
pentru asta.
Am invatat ca nu este intotdeauna de ajuns sa fi iertat de altii
Cateodata trebuie sa inveti sa te ierti pe tine insuti
Am invatat ca indiferent cat de mult suferi,
Lumea nu se va opri in loc pentru durerea ta.
Am invatat ca trecutul si circumstantele ti-ar putea influenta
personalitatea
Dar ca TU esti responsabil pentru ceea ce devii
Am invatat ca, daca doi oameni se cearta, nu inseamna ca nu se iubesc
Si nici faptul ca nu se cearta nu dovedeste ca se iubesc.
Am invatat ca uneori trebuie sa pui persoana pe primul loc
Si nu faptele sale
Am invatat ca doi oameni pot privi acelasi lucru
Si pot vedea ceva total diferit
Am invatat ca indiferent de consecinte
Cei care sunt cinstiti cu ei insisi ajung mai departe in viata
Am invatat ca viata iti poate fi schimbata in cateva ore
De catre oameni care nici nu te cunosc.
Am invatat ca si atunci cand crezi ca nu mai ai nimic de dat
Cand te striga un prieten vei gasi puterea de a-l ajuta.
Am invatat ca scrisul
Ca si vorbitul
Poate linisti durerile sufletesti
Am invatat ca oamenii la care tii cel mai mult
Iti sunt luati prea repede ...
Am invatat ca este prea greu sa-ti dai seama
Unde sa tragi linie intre a fi amabil, a nu rani oamenii si a-ti
sustine parerile.
Am invatat sa iubesc
Ca sa pot sa fiu iubit .
lunedì 1 giugno 2009
Il denaro e l'amore che portano in Italia
Un'ossessione per il denaro sembra aver colmato il vuoto di valori scaturito dalla rivoluzione del 1989. Nella metrolitana osservo uomini che contano piccoli mazzetti di banconote. Dappertutto, colgo stralci di conversazioni in cui si snocciolano cifre e prezzi. Perfino la campagna elettorale per le europee vede uno dei partiti storici, il PNL, coniare uno slogan che turba il mio pudore piccolo borghese: “Bani pentru români. Bani europeni” (soldi per i rumeni, soldi europei) recitano i manifesti alludendo ai fondi strutturali europei.
Comprendo quest'ossessione per i 'bani' (si pronuncia 'bagn', la 'i' finale è muta), letteralmente le frazioni di leu, praticamente l'espressione comunemente usata per indicare il denaro. La comprendo andando al mercato o al supermercato, confrontando i prezzi simili a quelli italiani e provando a immaginare la fatica di far quadrare i conti con stipendi che sono la terza-quarta parte dei nostri.
La passione elementare per l'idolo degli idoli, che a ben vedere più che una passione è una necessità, è il motivo principale che spinge tanti rumeni a lasciare odori e sapori familiari per cercare fortuna in Italia.
Alin, mio collega, è stato chiaro. É tornato da meno di un anno da Roma e ha programmato di ripartire in settembre. Gli ho chiesto il perché, visto che in Italia, lui che è laureato, molto probabilmente riprenderà a fare il carpentiere. Mi ha risposto senza mezzi termini: ”guadagno 350 euro al mese e ne pago 200 per la stanza in cui vivo con mia moglie!” E il salario di Alin non è certo tra i più bassi.
Anche per chi è tornato dopo aver messo un gruzzolo da parte, la vita non è facile: Cristian, cinquantenne, ha vissuto sette anni in Veneto. Dopo il ritorno, ha aperto una piccola impresa edilizia che però stenta a trovare buone commesse, visto il sistema politico-clientelare che anche qui regna sovrano.
Non tutti partono spinti da esigenze economiche. Ramona sta per andare a Roma per il matrimonio di sua sorella e Rosario, calabrese. Entrambi informatici, si sono incontrati anni fa durante un corso di formazione.
Di solito le esperienze che i rumeni si portano indietro dall'Italia sono positive. Tutti parlano di una buona accoglienza, di buone condizioni di vita e di persone disponibili e con cui hanno stretto legami. Solo in un caso, parlando con Dominique, la cui mamma fa la badante vicino Piacenza, ho sentito tristezza nei silenzi tra le parole. Ma la storia di Dominique parla di altro, non della vita di chi parte ma del dramma di chi resta, che accomuna una generazione di giovani rumeni: Diana, ad esempio, ha 17 anni e vive sola con i nonni in un paesino vicino Focşani mentre i genitori lavorano alle porte di Milano; la sua amica Oana ne venti, il padre e i fratelli a Roma e qui in Romania solo sua madre.
I viaggi che dalla Romania portano nelle città italiane scaturiscono dall'impellenza reale e stringente di far fronte alla vita di tutti i giorni, di pagare affitto e bollette, anche se poi il bisogno si tinge di desiseri, speranze, sogni, affinità linguistiche e di cuore. Guardo contare mazzetti di banconote sbiadite e penso alle storie che ci racconterebbero, se solo potessero parlare.
lunedì 25 maggio 2009
Il serpentone dell'amore
Sembravamo uccelli esotici chiusi in gabbia, sabato pomeriggio al Gay Pride di Bucarest. Le transenne delimitavano uno dei boulevard principali della capitale, quello che da Piazza Unirii porta a Piazza della Costituzione, mentre tutt'intorno al corteo poliziotti in assetto antisommossa, che sicuramente erano più dei manifestanti, assicuravano l'incolumità dei partecipanti. Ogni anno dal 2005, infatti, da quando a Bucarest si è svolto il primo Gay Pride, gruppi di neofascisti minacciano lo svolgimento della manifestazione. Nel 2007 un gruppo di attivisti è stato picchiato in metropolitana alla fine del corteo.
Addirittura due le contromanifestazioni, una venerdì sera, per il matrimonio e contro le coppie di fatto; l'altra sabato mattina, organizzata dal gruppo “Noua dreapta”, apertamente neofascista. Fortunatamente pochi i partecipanti.
Il tema della marcia di quest'anno son state le unioni civili, che anche in Romania sembrano un miraggio. Anzi, stando a una notizia di una decina di giorni fa pubblicata su numerosi siti di informazione omosessuale, il Parlamento sta per approvare una legge che le vieterebbe. Simbolicamente, sabato nessuno dei politici locali è venuto a dar sostegno alla comunità lgbt.
C'erano però gli ambasciatori britannico, svedese e olandese (ci ho parlato, persona semplice e squisita), oltre a un parlamentare europeo francese e a un deputato inglese, ma nessun italiano. Visto il clima politico che si aggira per la penisola, non c'è da stupirsi.
Prima del Pride, nella sede di Accept, l'associazione per la difesa dei diritti dei gay che ha organizzato l'evento e il festival di cultura omosessuale che l'ha preceduto, l'atmosfera era festosa ma tesa. In Romania, e soprattutto nelle città minori, fare outing, dichiarare il proprio orientamento di genere, è una pratica che ancora in pochi si sentono di rischiare. L'omofobia è diffusissima, a tutti i livelli e le età, anche più che in Italia. E la chiesa locale gioca un forte ruolo in questo tentativo disperato di frenare un fiume che scorre sotterraneo ma sempre più impetuoso.
Le relazioni omosessuali sono più diffuse di quanto si pensi. Parlando con gli studenti, scopri un mondo che non ti aspetti, un universo aperto alla scoperta di una sessualità meno convenzionale. Ma appunto, è un fiume sotterraneo e nascosto, che stenta a venire allo scoperto, e tanti membri della comunità gay non hanno partecipato al Pride per paura di essere riconosciuti tra la piccola folla.
Eravamo tutti giovani e govanissimi. Pochi, non più di qualche centinaio, tra cui tanti stranieri e un folto gruppo di fotografi e giornalisti, più le ragazze che i ragazzi.
La manifestazione, nostante il percorso militarizzato, è stata gioiosa e colorata, con le stesse esternazioni di giubilo ed euforia che si possono notare nelle nostre strade in simili circostanze. Transessuali, gay e lesbiche han dato vita a una festa a cielo aperto, con musica balli vestiti sgargianti fischietti palloncini e fiori. Un'enorme bandiera arcobaleno, come un serpente metropolitano, si è fatta strada nel breve percorso. Se pensiamo che le relazioni omosessuali sono state depenalizzate solo nel 2002, il Gay Pride è stato un successo.
Arrivati davanti al Palazzo del Parlmento, quello famoso fatto costruire da Ceauşescu, in una piazza di asfalto arsa dal sole, mi è sembrato di essere in un deserto di democrazia, una distesa arida in cui i diritti stentano a sbocciare. Sembra assurdo che nell'Europa del terzo millennio ci siano luoghi in cui non siano riconosciute le unioni tra persone dello stesso sesso. Il passo che anche da noi sembra difficile afferrare, è che i diritti civili rappresentano una conquista di libertà per tutti. Fortunatamente le resistenze non potranno frenare una società che non aspetta permessi scritti per mutare le forme del suo amore.