Gli ultimi giorni sono per i saluti, le valigie e le cartoline. Ho tre istantanee che vorrei spedire in Italia, immagini che ricordino che la Terra è una e gira e, nel suo vagare, alternativamente lascia a testa in giù una porzione di mondo.
Oltenia, Romania sud-occidentale, regione di terme e monasteri. In queste terre, tra la fine dell'800 e i primi decenni del '900, gli italiani emigravano per lavorare nell'edilizia, nelle miniere, come taglialegna o contadini. Un censimento parla di circa 10.000 italiani presenti in Romania alla fine degli anni '20, anni impareggiabili per l'economia e la cultura rumena. Era l'epoca in cui Bucarest era la 'piccola Parigi' mentre gli italiani lasciavano miserie e affetti con una valigia colma di speranze. Originari soprattutto del Triveneto, gli immigrati italiani hanno trovato nella terra dei Carpazi un'accoglienza generosa. Tanti sono rimasti nonostante la successiva presa del potere da parte dei comunisti e le difficoltà che ne sono derivate, con la diffidenza e i controlli che circondavano chiunque avesse rapporti con l'estero, non importa se fossero amici e parenti. Oggi la comunità italiana, come tutte le minoranze etniche del Paese, ha un proprio rappresentante in parlamento.
All'angolo di Piazza Universitate c'è uno dei più bei edifici di Bucarest: l'ospedale Colţea, il più vecchio della capitale, costruito nel 1704 per assistere i poveri. La bellezza dell'edificio neoclassico, della cupola e dei bassorilievi non sono l'unico motivo che mi hanno spinto a scegliere questa seconda cartolina rumena. C'è dell'altro: il sistema sanitario a queste latitudini è apparentemente universale ma, se lo si osserva con un po' più di attenzione, si nota come in realtà la corruzione rappresenti una vera e propria istituzione nell'ambito ospedaliero. Durante gli anni del regime era abitudine portare al dottore un paccheto di Kent; oggi si paga in contanti chiusi in una busta da lettere, pena il completo disinteresse verso il malato (in gennaio Mihai Constantinescu, 63 anni, è morto abbandonato nella sala d'attesa di un ospedale della Romania meridionale perchè, come ha dichiarato un'infermiera in un'intervista, “non poteva permettersi la bustarella”). La sanità è solo uno degli esempi, forse il più clamoroso, della dilagante corruzione rumena che crea un doppio status di cittadinanza. Quello stesso doppio status che divide gli italiani in chi ha accesso alle stanze del potere e chi no; solco che determina, una tra le tante, chi può diventare un imprenditore 'di successo' e chi no. Ultim'ora: il Ministro della Gioventù e dello Sport, Monica Ridzi, si è appena dimessa per essere stata accusata, un mese fa, di cattiva gestione e distrazione di fondi pubblici. Meglio la Romania.
L'ultima cartolina è da una località che ho visitato un mese e mezzo fa. Sono le ex mine di salgemma di Slănic-Prahova, in Muntenia, non lontano da Bucarest. Mine sotterranee trasformate in attrazione turistica e luogo di cura per chi soffre di problemi alle vie respiratorie. Ambienti enormi incastrati nelle viscere della Terra, la cui bellezza magica trascina, dopo la discesa in ascensore, in una dimensione infantile di gioco e serenità dove le differenze di nazionalità lingua e cultura svaniscono, accolte da un unico grande ventre.